La Giornata Mondiale del Teatro si festeggia ogni anno, da 48 anni, il 27 marzo per ricordare quanto questa forma d’arte sia importante nella nostra società. Istituita nel 1961 a Vienna, dal 27 marzo 1962 viene celebrata ogni anno dai Centri Nazionali dell’Istituto Internazionale del Teatro presenti in circa 100 Paesi in tutto il mondo.
Durante questa giornata viene diffuso un Messaggio Internazionale che, tradotto in diverse lingue, viene letto nei teatri del mondo, pubblicato sui giornali e pronunciato da radio e televisioni in ben 5 continenti. Quest’anno, però, la giornata sarà celebrata in modo diverso a causa dell’emergenza coronavirus, per cui è stata necessaria la chiusura di gran parte dei teatri del mondo.
L’autore (designato dall’UNESCO) del messaggio di quest’anno, intitolato “Il teatro è un tempio“, è il drammaturgo pakistano e attivista per i diritti umani Shahid Mahmood Nadeem. Nel suo messaggio l’autore spiega come esplorare delle storie (come quella del poeta sufi Bulleh Shah) possa diventare un “ponte tra le persone di teatro e un pubblico inconsapevole ma entusiasta“.
In uno stralcio del suo messaggio si legge: «Quando siamo sul palcoscenico, a volte veniamo assorbiti dalla nostra filosofia di teatro, dal nostro ruolo di precursori del cambiamento sociale e ci dimentichiamo di gran parte delle masse. Nel nostro impegno con le sfide del presente, ci priviamo della possibilità di un’esperienza spirituale profondamente toccante che il teatro può offrire. Nel mondo di oggi in cui l’intolleranza, l’odio e la violenza aumentano sempre di più, e in cui il nostro pianeta sta precipitando nella catastrofe climatica, abbiamo bisogno di recuperare la nostra forza spirituale. Abbiamo bisogno di combattere l’apatia, l’indolenza, il pessimismo, l’avidità e il disprezzo per il mondo in cui viviamo, per il pianeta in cui viviamo. Il teatro ha un ruolo, un ruolo nobile, nel dare energia e spingere l’umanità a resistere alla sua caduta nell’abisso. Il teatro può trasformare il palcoscenico, lo spazio dello spettacolo, rendendolo qualcosa di sacro. Nell’Asia del sud, gli artisti toccano con riverenza le assi del palcoscenico prima di salirvi sopra, secondo un’antica tradizione che risale a un tempo in cui lo spirituale e il culturale si intrecciavano. È tempo di riguadagnare questa relazione simbiotica tra l’artista e il pubblico, tra il passato e il futuro. Fare teatro può essere un atto sacro e gli attori possono davvero diventare gli avatar dei ruoli che interpretano. Il teatro ha il potenziale per diventare un tempio e il tempio uno spazio dello spettacolo».