Gli istituti veneti vincono la sfida della didattica da remoto, con punte del 90% degli insegnamenti spostati su piattaforma. «La criticità maggiore? Garantire il diritto allo studio anche ai nostri allievi, come al resto degli universitari su scala nazionale» spiega Stefano Canazza, direttore del Conservatorio Agostino Steffani e presidente in carica del Consorzio dei 7 Conservatori del Veneto.
Isolamento e pandemia: anche i sette conservatori del Veneto hanno attivato la didattica a distanza. Dopo anni di esperimenti isolati, oggi in maniera compatta e unitaria gli istituti musicali regionali, attraverso piattaforme istituzionali e private, si misurano con una sfida che – se già in Italia mette docenti e studenti di fronte alla necessità di una rapida alfabetizzazione digitale – nel caso della musica prevede alcune criticità in più.
La qualità del suono, la dinamica stessa delle lezioni di strumento rendono tutt’altro che scontato lo svolgimento delle attività da remoto. Ma la creatività ha spesso sopperito all’insufficienza tecnica, nella convinzione che mesi di inattività abbiano ripercussioni altamente negative sulla formazione dei professionisti del domani.
Così i 7 istituti veneti hanno saputo reagire al blocco della didattica. Ad Adria, Rovigo, Padova circa l’80% dei docenti ha attivato forme di didattica a distanza. Per Castelfranco Veneto, Verona e Vicenza si sale a oltre il 90%. Venezia è riuscita a portare su piattaforma oltre il 50% degli insegnamenti.
Le piattaforme più usate sono Google Suite, Meet, Classroom, Skype e Zoom (interattiva ed erogativa). Poi Skype, Edmodo e WhatsApp con registrazioni audio che vengono poi commentate insieme ai docenti. Esclusi dalla didattica a distanza le lezioni di musica d’insieme (musica d’insieme, orchestra, coro).
«I problemi ricorrenti? Quelli di connessione, soprattutto per studenti in appartamenti in affitto». L’altro tema importante riguarda il diritto allo studio. Il Conservatorio di Venezia, supportato dal Consorzio, è uscito una settimana fa con una nota per sensibilizzare la comunità al diritto allo studio domestico anche per gli studenti di musica e ha predisposto un documento ad uso degli studenti che abitano in condominio. Questo dopo reiterati casi di intolleranza.
«Tutto il Consorzio sostiene con forza il diritto per gli studenti che studiano uno strumento, naturalmente vista la normativa, stando in casa e di vedersi garantito questo diritto nel rispetto delle disposizioni dei singoli comuni e dei momenti di riposo previsti» prosegue Canazza. Dal Consorzio dei 7 Conservatori veneti arriva un invito alla comprensione delle necessità degli studenti di musica.
Anche il tema degli esami è stato posto con attenzione. Sei conservatori su sette hanno deciso coralmente, anche considerata l’emergenza sociale dovuta alla pandemia, di spostare a settembre-ottobre, in un’unica sessione, l’esame di ammissione. In Veneto dunque (ad eccezione di Vicenza, che per il momento ha mantenuto la sessione di maggio) gli studenti potranno sostenere gli esami di selezione a pandemia terminata, nei mesi autunnali.
Se da un lato la pandemia è stata un’occasione importante di alfabetizzazione tecnologica, dall’altro con la chiusura dei teatri e lo stop di stagioni, concerti, rassegne di musica dal vivo, il comparto musicale risulterà tra i più colpiti sotto il profilo economico perché il ritorno alla normalità sarà meno indolore e con tempi molto più estesi.
Per questo il Consorzio, organismo che ha saputo creare un asse strategico all’interno dell’Alta Formazione Musicale riunendo i 7 conservatori del Veneto diretti da Roberto Gottipavero (Adria), Vincenzo Soravia (Rovigo), Leopoldo Armellini (Padova), Marco Nicolè (Venezia), Federico Zandonà (Verona), Roberto Antonello (Vicenza), chiede quindi al Governo e alle istituzioni un’attenzione particolare alla didattica musicale, per le sue specifiche caratteristiche, resa oggettivamente complicata dal lockdown prolungato.
«È un momento di emergenza: i Conservatori non spengono la musica. Ma la politica deve supportare gli investimenti sulla connettività». La proposta è rivedere gli investimenti infrastrutturali per potenziare la Garr (banda ultralarga) e progettare una rete nazionale dedicata alla comunità dell’istruzione e della ricerca con l’obiettivo di forte connettività.