ROVIGO – A poco più di un anno dalla morte di Marco Tamburini, uno dei maggiori protagonisti del jazz italiano di questi ultimi vent’anni, ma anche e soprattutto indimenticato docente del Conservatorio Francesco Venezze – dove dal nulla ha saputo creare un Dipartimento Jazz che in pochi anni è diventato vanto della città di Rovigo e punto di riferimento della didattica jazzistica europea – abbiamo finalmente assistito alla nascita del Premio per giovani solisti di jazz a lui dedicato.
La serata che ha visto l’esibizione degli otto finalisti selezionati e la premiazione dei tre vincitori, è stata giustamente inserita all’interno della terza edizione di “Jazz Nights at Casalini’s Garden”, rassegna promossa dal Conservatorio Venezze e da RovigoBanca, secondo appuntamento premiato, come quello inaugurale, dal pubblico delle grandi occasioni, ma non poteva essere altrimenti.
La giuria, formata da Stefano Onorati, Marcello Tonolo, Stefano Senni, Fabio Petretti, Stefano Paolini, Claudio Donà e Fabrizio Bosso, che ne era anche il presidente, dopo aver ascoltato le esibizioni degli otto finalisti, ha scelto in tarda serata i tre vincitori. I finalisti avevano interpretato ciascuno una composizione di Tamburini, accompagnati dalla medesima sezione ritmica, formata da Stefano Onorati, pianoforte, Stefano Senni, contrabbasso, Stefano Paolini, batteria, tutti docenti del Conservatorio rodigino; il gruppo dei “Tre Stefani”, com’è stato scherzosamente chiamato da Camilla Busetto, cantante allieva del Triennio che ha presentato con inaspettata dimestichezza la serata.
Un presidente come Fabrizio Bosso non poteva non rendere il suo personale tributo musicale all’amico prematuramente scomparso, ch’era come lui fra i più quotati ed autorevoli trombettisti jazz europei. Così è stato. Breve, ma sentito e sincero, l’omaggio al compagno di molti viaggi e concerti ha proposto prima una brillante interpretazione di un suo vecchio brano, “Last Minute”, poi, ancora più toccante, quella di “Body and soul”, ballad fra le predilette dai due trombettisti, che più volte l’hanno suonata insieme in concerti e jam–session.
L’applauditissimo intermezzo con Bosso, accompagnato dallo stesso eccellente trio, ha fatto da spartiacque fra le esibizioni degli otto finalisti, che sono stati divisi in due gruppi. Tutti i giovani jazzisti (30 anni era il limite di età per partecipare al concorso) si sono resi protagonisti di apprezzabili performance, ma ai pur bravi chitarristi Francesco Zampini e Marcello Abate, al contrabbassista Emanuele Di Teodoro, al ventenne trombettista Ivan Elefante, al pianista Danilo Tarso, i giurati hanno preferito, nell’ordine, il vibrafonista padovano Giovanni Perin, laureatosi proprio al Venezze, solista già maturo, forte di una lunga esperienza berlinese e con più di qualche disco da leader alle spalle, il giovane ma già interessante pianista lombardo Giovanni Agosti, e l’altosassofonista toscano Michele Tino.
Alla vittoria di Perin ha forse contribuito anche la scelta di eseguire “Eduard”, brano bellissimo e non facile, fra i meno eseguiti di Tamburini, al contrario di “Aerei di carta” e “Giochi di luci”, che sono stati invece i più eseguiti dai finalisti.
Dopo la premiazione finale – la targa ed il premio sono stati consegnati al vincitore da Cristina Rossi, moglie di Marco – tutti si sono stretti insieme sul palco, giurati e concorrenti, per la fotografia di rito, a dimostrare che, al di là del giusto spirito di competizione, la comunità del jazz è più che mai unita nel ricordo di un musicista la cui umiltà era inversamente proporzionale alla grandezza musicale, persona sempre disponibile e dal sorriso contagioso.