Pesce straniero sui banchi e nel mare preoccupano gli operatori della pesca. Coldiretti Veneto che registra un + 8% di quantità importate nei primi tre mesi del 2021, il continuo proliferare di specie esotiche nei mari e una perdita di 200 pescherecci in dieci anni richiama l’attenzione sullo stato di un settore che esprime una delle eccellenze del Made in Italy base della dieta mediterranea. L’analisi è formulata da Impresa Pesca in occasione di Slow Fish in programma a Genova.
«La flotta veneta – commenta Alessandro Faccioli referente regionale di Impresa Pesca Coldiretti – da 780 imbarcazioni nel 2010 ne conta circa 600 attualmente. Il colpo di grazia è arrivato con la pandemia. È quindi necessario intervenire subito su più fronti, dalla produzione al consumo prevedendo l’obbligo di indicazione in etichetta del giorno in cui il pesce è stato pescato in modo da garantire la massima informazione e trasparenza sulla freschezza del prodotto. La provenienza tracciata va inserita oltre che sui banchi del mercato o dei supermercati anche per i piatti proposti nei menù dei ristoranti, un po’ come avviene per la segnalazione se si tratta di prodotto fresco oppure surgelato».
La produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura del canale Horeca senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni, con i pescatori che hanno continuato a uscire in mare per assicurare le forniture di pesce fresco ai consumatori sono alcune delle motivazioni del crack della pesca italiana. Alle difficoltà economiche si aggiungono le normative europee a volte restrittive. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta a poco meno di 140 di media all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca per una buona fetta della flotta nazionale considerata anche l’assenza di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni.
«Senza pescherecci – prosegue Faccioli – non ci può essere vero pesce italiano a tavola per questo è strategico utilizzare parte delle risorse del Recovery Plan per rinnovare gli strumenti di lavoro. Occorre far fronte anche ai cambiamenti climatici che favoriscono la presenza di meduse dai nomi stravaganti come “occhio di gatto” e “noce di Mare” che cacciano attivamente larve di pesci e molluschi e novellame di specie di interesse economico, oltre a granchi predatori come il granchio blu sempre più presenti anche nelle lagune a scapito delle tipicità locali e tradizionali come le sardine o le alici, messe in crisi dall’innalzamento delle temperature. Coldiretti Veneto ha lanciato una sfida alle nuove generazioni attraverso una Scuola di Pesca affinché la preparazione e la qualifica dei pescatori diventi motivo di investimento culturale oltre che professionale per dare opportunità di reddito ed occupazione ai giovani».
«Gli italiani – conclude il referente di Impresa Pesca Coldiretti – mangiano circa 28 kg di pesce all’anno, superiore alla media europea ma un quantitativo decisamente basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne consumano quasi 60 kg, praticamente il doppio. Ma la crisi del settore pesa anche sulla salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce Made in Italy, favorendo gli arrivi dall’estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelli tricolore».