ROVIGO (RO) – Il concerto di Enrico Ruggeri, “Musica e parole” ha chiuso sabato 21 agosto, il palcoscenico estivo di Tra ville e giardini, edizione XXII, la seconda nei tempi difficili di pandemia, che si ricorderà comunque, per l’articolato calendario di ben 17 appuntamenti culturali, che per due mesi, hanno animato tutto il Polesine, da ovest ad est.
Doverosi i ringraziamenti degli organizzatori nell’aprire la serata: Antonio Laruccia, delegato della Provincia di Rovigo, ente promotore, ha confermato l’impegno a continuare la manifestazione che riscuote un grande successo ed offre eventi di alto profilo artistico; ha ringraziato per l’attenzione e la disponibilità la Fondazione Cariparo e la Regione del Veneto, partner sostenitori del progetto; ed ha fatto un puntuale apprezzamento per la cura organizzativa dell’Ente Rovigo Festival, che è il motore logistico della rassegna. Il direttore artistico Claudio Ronda ha ringraziato sentitamente in primis il pubblico, che ha seguito gli spettacoli sottoponendosi alle varie normative che si sono succedute, e poi tutti i collaboratori della complessa macchina organizzativa di Tra ville e giardini, tecnici, logistici, comunicazione e service; tutte le istituzioni coinvolte, in particolare i Comuni e le rispettive reti di uffici e volontariato, gli uffici Servizi della Provincia per la dedizione; l’associazione Emergency Rovigo che ha seguito la rassegna con la sua presenza discreta ed autorevole.
Nello spirito di Tra ville e giardini, che è di incontrare e conoscere gli artisti, il concerto di Enrico Ruggeri, si è svolto nella modalità “Musica e parole”, ossia preceduto da un’intervista del giornalista Marcello Bardini al cantautore milanese. In quasi cinquant’anni di carriera musicale, con cambiamenti di genere, dal punk alla new wave, al rock, al cantautorato e con esondazioni di energia creativa verso la letteratura e la poesia Enrico Ruggeri può essere davvero considerato il più eclettico e atipico chansonnier del panorama cantautorale italiano.
«È rimasto l’amore per la musica – risponde il Rouge facendo un consuntivo – l’amore per lo scrivere canzoni, per suonare in pubblico; si è aggiunta qualche amarezza, qualche disillusione, molte soddisfazioni; è rimasta una certa voglia di imitare il salmone: rifiutare di far parte di gruppi e prendere le distanze dalle cose di moda». Ma attorno a lui il mondo musicale è veramente cambiato e non solo per la tecnologia ed i social: «Oggi nello scrivere canzoni c’è una miseria di lessico – spiega Enrico – che fa sì che non si sia in grado di raccontare delle belle storie. Gli argomenti delle canzoni sono sempre gli stessi: la differenza sta in come li racconti. Non è l’argomento a fare l’opera d’arte. Sulla storia banale di un ragazzino indebitato che ammazza l’usuraia, Dostoevskij ci ha scritto “Delitto e castigo”».
Man mano che parla e racconta qualche dettaglio del suo lavoro, vien fuori tutta la complessità di un artista di vasta cultura letteraria e musicale, introspettivo, riflessivo, che guarda nel mondo delle contraddizioni sociali, dove un pallone (quello dell’omonimo brano cantato con Ermal Meta in Alma, 2019) ha sempre «una triplice chiave di lettura: è oggetto di lavoro per alcuni miliardari; è sogno per milioni di bambini; è oggetto di tortura per quei bambini che lo costruiscono e che non ci possono neanche giocare».
Un artista e un uomo dal profondo senso di giustizia, che non si sbrodola in pietismo e solidarismo da avanspettacolo. Fra le tante cause civili da lui sostenute ci sono i decenni di militanza nella Nazionale cantanti di cui oggi è presidente. «Al di là della soddisfazione per la raccolta di centomila euro, al di là degli incontri coi grandi della terra – dice – questa esperienza mi ha dato un Dna diverso: il cantante è mediamente un narciso, super-autoreferenziale. La scuola di vita della Nazionale cantanti è servita a migliorare molti brutti caratteri».
Il concerto successivo, in set semiacustico, con Francesco Luppi alle tastiere e Paolo Zanetti alla chitarra, ha continuato questa atmosfera di conversazione amicale. Ruggeri parte con apparente calma e c’è subito il siparietto della scaletta sparita e qualche jack staccato: «che pivello!», si censura. «Iniziate a suonare, vediamo se capisco cos’è», dice. Parte la tastiera. «Ah, questa la so!». Sono le prime note di “Peter Pan” e la sanno tutti dal pubblico; seguono in ordine sparso alcuni dei più grandi successi del poeta rock. Un medley con “Nuovo swing”, “Rien ne va plus” e “Nessuno tocchi Caino”. Il brano festivaliero di cui: «mi hanno ciulato il podio a Sanremo», ricorda; che è poi “Il primo amore non si scorda mai”, arrivato quarto nell’edizione del 2016. Tutto scorre molto lento, intimo, la voce roca profonda fa da apripista agli strumenti. Tolto il battito rock di basso e batteria, melodia e testo diventano poesia. È il momento di “Polvere”, quasi una riflessione sussurrata sul tempo che passa. “Il portiere di notte” è nel suo set naturale e restituisce una grave intensità.
«Seguo il teorema di Bob Dylan – dice Ruggeri ad un certo punto – Lui non dava la scaletta a nessuno, neanche ai suoi musicisti. Saliva sul palco e nessuno sapeva cosa avrebbe fatto e gli hanno dato un Nobel, che non ha avuto il tempo di ritirare. Adesso vi spiazzo». Imbraccia la chitarra elettrica e va fuori scaletta: un gesto di generosità verso i fans venuti anche da molto lontano, come dirà poi. “La vie en Rouge” è la sorpresa, con una voce che si fa più forte e determinata. Così tutti i successivi brani.
«Non sopporto fisicamente le ingiustizie – spiega – ma dalle ingiustizie non tollerate nascono le canzoni. Questa doveva essere una canzone di festeggiamento per la soluzione del problema, ma dopo un anno e mezzo continua ad essere una canzone di denuncia”. È “L’America (canzone per Chico Forti)” che ricorda la battaglia civile per portare in Italia, il velista e produttore tv, Chico Forti, che dal 2000 sta scontando l’ergastolo negli Stati Uniti, per un omicidio di cui si è sempre dichiarato innocente. Il 23 dicembre 2020 è stata accolta l’istanza che permetterebbe a Chico Forti di tornare in patria, ma da allora non è cambiato nulla.
“Il mare d’inverno”: emozionante l’atmosfera creata nella parte strumentale di questo capolavoro di sempre, dove si sentono le onde impetuose sollevate dal vento e gli spruzzi d’acqua nell’aria grigia. Finale con “Quello che le donne non dicono”, scritta in prima persona (plurale), come in tutte le volte in cui l’autore è sufficientemente staccato dal racconto, brano della pax col sesso femminile, dopo le incomprensioni ed i dolori che inevitabilmente attanagliano tutti gli uomini dall’adolescenza all’età matura. Segnali di attrito che invece sono ancora in “Contessa”, cantata nel bis. Al termine Ruggeri ha ringraziato tutti gli organizzatori del proprio staff e di Tra ville e giardini per lo sforzo di fare musica in tempi difficili ed ha avuto un pensiero speciale per tutti i tecnici, fermi o quasi da 18 mesi: «Per compensazione, vi auguro di partire per un tour mondiale con i Rolling Stones!».
Tra Ville e Giardini XXII è promossa ed organizzata da Provincia di Rovigo, co-finanziata da Regione del Veneto Reteventi, sostenuta da Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, con l’organizzazione tecnica di Ente Rovigo Festival, direzione artistica di Claudio Ronda, e la collaborazione dei Comuni di Adria, Ariano nel Polesine, Badia Polesine, Castelmassa, Ceneselli, Ceregnano, Costa di Rovigo, Ficarolo, Fratta Polesine, Lendinara, Lusia, Occhiobello, Porto Tolle, Rosolina, Rovigo, Trecenta, Villanova del Ghebbo.