ROVIGO – La mostra “70 anni dopo. La Grande Alluvione” che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ha messo in calendario a partire dal 23 ottobre in Palazzo Roncale, non farà certo mancare spunti per riflettere sul come e quanto il mondo polesano sia mutato dagli anni di quella storica tragedia. Rivoluzione oppure graduale riscatto? Difficile stabilire una linea di demarcazione.
Certo è che raffrontare – come la mostra propone al visitatore – le immagini della caccia allo storione tratte dal “Scano Boa”, il film diretto da Reato Dall’Ara tratto dal potente, omonimo romanzo di Toni Cibotto, a quelle delle colture ittiche del Delta di oggi, ci porta a pensare ad un cambio di mondo.
Francesco Jori, che con Alessia Vedova e Sergio Campagnolo, è il curatore del prossimo, grande appuntamento espositivo al Roncale, sottolinea le straordinarie dimensioni raggiunte dal settore: il distretto ittico del Polesine e del Veneziano, in cui operano 3.328 imprese, di cui il 46 per cento nell’acquacoltura, dove tra il 2006 e il 2016 si è registrato il maggiore impulso sia in termini di imprese (+758 nel Veneto) che di occupati (+1.696). L’acquacoltura del Polesine rimane il vero fiore all’occhiello del territorio, con il 78 per cento della produzione veneta di vongole e il 60 per cento dei mitili regionali.
C’è stata anche una variante da sottolineare per quanto riguarda le acque interne: sul Po lo storione non pare più essere di casa. I nuovi padroni delle acque sembrano essere i pesci siluro, che qui si sono felicemente accasati, tanto che stando o Wikipedia, in queste acque è stato pescato l’esemplare ad oggi più grande: lungo 2,78 metri per un peso di 144 chili. Lo storione era ritenuto un cibo prelibato. Il siluro, molto meno.