ROVIGO – A rischio la coltivazione del pomodoro in questo 2022. La causa? Il mancato accordo sul prezzo. L’Italia è ai primi posti nel mondo per la produzione di polpe e trasformati e, nel 2021, ha coltivato oltre 71mila ettari a pomodoro fra Nord e Sud del Paese, per un raccolto di oltre 6 miliardi di chili garantendo gli approvvigionamenti alle famiglie. La situazione economica globale, nel frattempo, ha portato all’aumento sconsiderato dei prezzi di tutte le materie prime, compresi gli imballaggi, mentre il pomodoro rimane quotato a pochi centesimi al chilo. Questo sta mettendo a rischio le produzioni nazionali.
«Il pomodoro, lo ricordiamo – spiega il presidente di Coldiretti Rovigo, Carlo Salvan – è un prodotto alla base della dieta mediterranea e una coltura importante del made in Italy, dagli ultimi dati disponibili di Veneto Agricoltura, occupava una superficie, solo in provincia di Rovigo, di quasi 500 ettari. Inoltre, i derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani: ne consumano circa 30 chili procapite, all’anno, a casa, al ristorante o in pizzeria secondo le stime della Coldiretti».
Ad essere preferiti, sono stati, nell’ordine: le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati. «Attualmente – prosegue Salvan – con dati alla mano, da una analisi di Coldiretti in una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità».
L’invasione di pomodoro, fra salse e passate, in particolare arriva dalla Cina (+47%) e Stati Uniti (+59%). Oltre all’importazione di prodotto, il rischio è che venga spacciato sui mercati nazionali come Made in Italy, con gravi danni al prodotto veramente italiano in termini di mercato e di immagine.
«L’Italia – commenta Salvan – ha bisogno di mettere in campo tutte le sue risorse per garantire le produzioni alimentarie e le forniture di cibo alle famiglie italiane. Se non arriverà l’accordo, gli agricoltori non si esporranno: vediamo già oggi che lo stallo delle trattative con le industrie sta bloccando la pianificazione colturale. Nella nostra provincia siamo già di fronte alla decisione di alcuni agricoltori di ridurre le superfici dedicate a uno dei prodotti più diffusi in cucina per condire dalla pasta alla carne, per non parlare della pizza. Il rincaro dei costi energetici si trasferisce sui costi di produzione nella filiera agroalimentare come quello per gli imballaggi ed è ormai noto che più la bottiglia del pomodoro in costa più del contenuto. Il rischio, oltre alla perdita di una produzione d’eccellenza, è quella di favorire le importazioni dal resto del mondo che sono già cresciute del 40% nell’ultimo anno. L’accordo sul prezzo agli agricoltori è strategico, altrimenti i campi cambieranno volto e al posto dell’oro rosso si sceglieranno colture che richiedono meno investimenti e minori rischi».