ROVIGO – «Attendevamo con speranza il provvedimento che la Regione del Veneto ha emanato ieri al fine, principalmente, di tutelare il suolo agricolo dall’assalto delle multinazionali. Un atto lungimirante, che rappresenta l’attenzione del Veneto rispetto all’Agricoltura ed alle problematiche strettamente connesse con la salvaguardia dell’ambiente oltre che, naturalmente, del suolo, elemento fondamentale per la vita». Con queste parole il presidente di Coldiretti Rovigo, Carlo Salvan, commenta l’approvazione del provvedimento legislativo regionale, che riconosce il suolo agricolo quale risorsa limitata e non rinnovabile.
«Il provvedimento licenziato dalla Regione è la risposta alle sollecitazioni partite proprio dal territorio polesano. L’assenza di una normativa specifica, infatti – sottolinea il presidente Salvan – si era tradotta in una sorta di far west, dove alcuni faccendieri agivano con assoluta spregiudicatezza. Abbiamo lottato duramente per arrivare al risultato che oggi non possiamo che apprezzare, esortando la Regione a proseguire con questa linea di sensibilità ed attenzione nei confronti del territorio e, nel caso specifico del suolo agricolo, risorsa imprescindibile per la vita, non solo per le preziose produzioni che generano un indotto non indifferente in termini economici».
Il parere sulla non idoneità dell’area spetta alla Regione che, caso per caso, all’esito di un’istruttoria, considera tutti gli interessi coinvolti, quali la tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale.
Tra i vari indicatori di inidoneità dell’aera ad ospitare l’impianto ci sono quelli relativi ai siti inseriti nella lista mondiale dell’Unesco, le aree agricole vocate alla produzione agroalimentari di qualità, i territori rurali di interesse storico già previsti da una deliberazione del Consiglio regionale del 2013 con l’inserimento di elementi di novità, quali le zone agricole di pregio, queste ultime individuate dalle province sentite le amministrazioni comunali coinvolte. Allo stesso tempo, il testo normativo, al fine di indirizzare la realizzazione degli impianti nelle aree degradate, propone come siti idonei agli impianti da fonti rinnovabili cave dismesse, discariche e aree industriali e commerciali abbandonate. Infatti, per queste aree il processo istruttorio è fortemente semplificato.
«La Regione ha stabilito un principio fondamentale: nei fondi agricoli tutti gli imprenditori, sia agricoli che energetici che vogliono realizzare parchi solari con un forte impatto sul suolo agricolo – aggiunge il presidente Salvan – dovranno farlo solo con la tipologia dell’agrivoltaico, cioè di un impianto che adotta soluzioni che non compromettono la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale. Chi, invece, intende installare impianti a terra senza alcuna connessione con l’attività agricola, dovrà assicurare la continuità dell’attività agricola su una superficie considerevole, con la trascrizione del vincolo di asservimento dei terreni all’impianto, nei pubblici registri».
Secondo i dati di Coldiretti, per raggiungere gli obiettivi Pniec-Pnrr al 2030, solo installando fotovoltaico a terra, servirebbero 5000 ettari. Ad oggi sono 700 gli ettari già occupati da pannelli su una superficie agricola utilizzata pari a 835 mila ettari coltivati da oltre 80mila imprese agricole.