Badia Polesine (RO) – Del maiale non si butta via niente, quante volte avremo sentito questo detto e c’è chi non rinuncia a questa tradizione culinaria. Proprio la ‘Zena dei ossi’ è uno di quei momenti legati alla nostra storia gastronomica che ci permette di non perdere i legami con il passato e allo stesso tempo di assaporare quelle ricette che non si mangiano tutti i giorni. Queste opportunità si consumeranno venerdì 17 febbraio alla 27esima edizione di questa ‘zena’ nata da un’idea di Luciana Vallese e Giuseppe Tomaini, i titolari dell’agriturismo “Le Clementine” di Badia Polesine e organizzata con la collaborazione dall’Associazione polesana Coldiretti Rovigo.
La serata da decenni e per la ventisettesima volta in questo 2023, mette attorno allo stesso tavolo, come di consueto, personalità istituzionali, della politica, dell’economia e dell’informazione, favorendo lo scambio di opinioni in un’atmosfera informale. Questa edizione assume ancora più significato perché è la prima dopo l’intervallo forzato della pandemia e va in qualche modo a festeggiare i trent’anni d’attività di ristorazione: Le Clementine vanta di essere l’agriturismo più longevo del Polesine, aperto nel 1992.
Durante la cena saranno consumati piatti contenenti ingredienti rigorosamente provenienti dall’azienda agricola; la cuoca Luciana e il marito Giuseppe, durante la serata, racconteranno gli aneddoti sui piatti proposti senza svelare i segreti che rimarranno chiusi tra le mura della cucina, soprattutto per i nuovi arrivati, perché, quasi ogni anno, gli invitati, inevitabilmente, cambiano. Saranno presenti il Prefetto, il Vescovo, il presidente della Provincia, comandanti dei Carabinieri e Guardia di Finanza, il Questore, politici in carica al Governo, oltre che quelli regionali e polesani e le immancabili rappresentanze di Coldiretti a più livelli. Saranno presenti anche le testate giornalistiche locali.
Al centro del menù della serata ossi, zampetti e bolliti, ma anche la bondiola, salumi fatti ‘in casa’ e molto altro, una serie di ricette della cucina popolare che resistono al tempo perché veicolo di ricordi, di storia contadina, ma che anche abbracciano la necessità contemporanea dello ‘spreco zero’.