Lendinara (RO) – Si inserisce durante l’attesa della Pentecoste – festività che fa terminare il periodo pasquale – questo sontuoso Concerto di Pasqua dei Solisti Veneti diretti dal loro Maestro Giuliano Carella con ingresso libero grazie al contributo della Fondazione Cariparo che si terrà a Lendinara, nel rodigino, il 30 aprile 2024 alle ore 21 nell’Abbazia Santuario della Beata Vergine del Pilastrello.
La storia del Santuario ha del miracoloso: nella notte del 9 maggio 1509, un temporale distrusse la casa di un ricco proprietario terriero. Si salvò solo una statua di legno alta 33 centimetri, raffigurava la Madonna con il Bambino. Fu trovata intatta, sfavillante di luce, sui rami di una siepe. Si eresse perciò un pilastrello su cui fu posta l’immagine prodigiosa. In seguito, fu costruita una cappella e si scoprì che accanto al Pilastrello scorreva una sorgente che si tingeva di rosso. L’acqua della fonte divenne il «Bagno della Madonna»: qui accorrevano gli infermi a domandare la guarigione dai propri mali. Il santuario fu infine costruito nel 1577 e ancora oggi la gente del Polesine venera la “Nostra Signora del Pilastrello”.
Sarà dunque un luogo ricco di arte, di storia e di fascino quello che andrà ad ospitare un concerto che vede il ritorno di una immensa protagonista dell’opera barocca: la mezzosoprano Marita Paparizou. Un omaggio alla Grecia antica, compresa la Magna Grecia, celebrando la storia delle sue città, delle ninfe, delle dee e degli eroi della tragedia classica.
Il concerto da Lendinara volerà in Grecia dove l’8 ottobre 2024 I Solisti Veneti diretti da Giuliano Carella, assieme a Marita Paparizou, saranno ospiti del Teatro Megaron di Atene. Assieme ad altre arie, sempre dedicate a protagoniste della mitologia classica, il programma dei due concerti verrà successivamente registrato e pubblicato nel 2025. La collaborazione tra l’Orchestra e la cantante ha già ottenuto il “tutto esaurito” nel 2019 e nel 2023 al Teatro dell’Opera Nazionale Greca di Atene, gigantesca sala disegnata dall’architetto Renzo Piano all’interno della Stavros Niarchos Foundation.
Nata in Grecia, Marita Paparizou ha debuttato nel mondo operistico a Genova in «Arianna in Nasso» dopo aver vinto la borsa di studio della Fondazione Alexandra Trianti del Megaron di Atene, nel 1999. Da allora ha collaborato con l’Opera Nazionale Greca, cantando numerosi ruoli. È stata invitata nei teatri di tutta Europa così come in molte città italiane grazie alla sua eccezionale abilità nel cantare ruoli di coloratura. Svariate le pubblicazioni discografiche, tra le quali spicca il CD “Vivaldi, ma non solo” registrato con il Maestro Claudio Scimone e I Solisti Veneti. Si è esibita anche con molte orchestre come la Oxford Philomusica, la London Philharmonia, la Royal Philharmonic e i Cameristi della Scala. L’eccezionale flessibilità della sua voce le ha permesso di cantare molte opere di compositori moderni come Respighi, Boulez, Kollias e molti altri.
Il concerto di Pasqua del 30 aprile prossimo inanella un crescendo musicale che permetterà di esaltare la spiccata coloratura vocale di Paparizou.
Si comincia con il Prete Rosso. Di Vivaldi ( 1678- 1741) ascolteremo Sinfonia in si minore RV 169 “Al Santo Sepolcro” per archi e basso continuo. Secondo un’abituale tradizione d’epoca, Vivaldi compose musiche in occasione di alcune festività del calendario liturgico. In tale ambito si colloca la Sinfonia “Al Santo Sepolcro”. La sua struttura si articola in due soli movimenti ed impiega un organico estremamente essenziale. Lo spirito della composizione sembra mirato ad accrescere la carica espressiva d’una profonda meditazione della Passione di Cristo.
Il programma continua con Händel ( 1685 – 1759) e il brano “Awake, Saturnia, from thy lethargy!” tratto da “Semele” per mezzosoprano, archi e basso continuo. Semele (HWV 58) è tratta dalle Metamorfosi di Ovidio e parla della madre di Bacco. Divinità greca di natura ctonia, considerata figlia di Cadmo, fondatore di Tebe, e di Armonia. Amata da Zeus, divenne madre di Dioniso. Semele morì incenerita dai fulmini di Zeus che Semele, ingannata dalla gelosa Giunone, aveva chiesto di vedere il dio in tutto il suo splendore. Il piccolo Dioniso fu salvato dal padre che se lo cucì nella coscia fino al momento della nascita. Il lavoro è classificato come un oratorio, ma fonde in sé elementi dell’opera lirica e del dramma classico, e anticipa le grandi opere del XIX secolo.
Sempre di Händel avremo quindi: “Empio, dirò, tu sei” da “Giulio Cesare in Egitto” HWV 17 per mezzosoprano, archi e basso continuo. Si tratta di un’opera lirica in tre atti di Georg Friedrich Händel su libretto in lingua italiana di Nicola Francesco Haym. Il libretto deriva da quello omonimo di Giacomo Francesco Bussani, che era stato rappresentato per la prima volta nel 1677 a Venezia con musiche di Antonio Sartorio. Il Giulio Cesare venne rappresentato per la prima volta il 20 febbraio del 1724 al King’s Theatre di Londra. Alla prima – che vedeva come protagonisti la primadonna Francesca Cuzzoni ed il contraltista castrato Francesco Bernardi, detto il Senesino, due vere star del canto lirico dell’epoca – l’opera ebbe un successo immediato. Quest’opera, considerata tra le migliori composte da Händel, è organizzata sul modello melodrammatico metastasiano e viene apprezzata soprattutto per la superba scrittura vocale, l’impatto drammatico e la maestosa orchestrazione. Il Giulio Cesare conta oggi il maggior numero di registrazioni discografiche tra le opere di Händel.
L’Abbazia si riempirà quindi con le note mistiche della “Silouan’s songs” per archi. La canzone di Silouan è una delle opere strumentali di Arvo Pärt (1935) basata su un testo religioso russo scritto da S. Silouan (1866-1938), un monaco del Monte Athos. La musica, la melodia e il ritmo si basano su un testo, caratteristica questa in comune a tutte le opere tintinnabuli di Pärt. Altra caratteristica di tutte queste opere è che questa musica può essere cantata. Il messaggio del testo poetico viene trasmesso dal compositore utilizzando un suono estremamente ascetico e minimale.
Lasciato il mistico Pärt, ora è la volta di Christoph Willibald Gluck (1714 1787) compositore tedesco, attivo soprattutto come operista. Fu uno dei maggiori iniziatori del Classicismo, movimento musciale della seconda metà del XVIII secolo. Di Gluck ascolteremo “Sperai vicino il lido” da “Demoofonte” Wq 3 per mezzosoprano, archi e basso continuo. Sperai vicino il lido si basa sull’opera Demofonte del librettista Metastasio. È la parte dell’opera con il maggior numero di versioni, per un totale di settantatré, comprese quelle di Wolfgang Amadeus Mozart (KV 368), Christoph Willibald Gluck, Antonio Vivaldi e Giovanni Paisiello, tra gli altri.
Seguirà “Furibondo spira il vento” da “Partenope” HWV 27 per mezzosoprano, archi e basso continuo. Opera di Georg Friedrich Händel, eseguita per la prima volta al King’s Theatre di Londra il 24 febbraio 1730. Sebbene segua la struttura e la forma dell’opera seria, il lavoro è umoristico nei personaggi e leggero nella musica, con una trama che prevede complicazioni romantiche e scambi di generi. Fu un successo all’epoca della produzione originale, ma non fu più eseguita per molti anni; oggi Partenope viene invece proposta nei teatri d’opera di tutto il mondo.
Avremo poi di Haydn (1732 – 1809 ) il “Terremoto” da “Le ultime sette parole di Cristo sulla Croce” Hob:XX:1 per archi e basso continuo. Commissionata nel 1786 e scritta originariamente nel 1787 per orchestra (Hob:XX:1). La composizione fu commissionata da don José Sáenz de Santa María per le celebrazioni del Venerdì Santo nella chiesa della Santa Cueva di Cadice, dove si teneva una particolare cerimonia in occasione dei riti cristiani della Passione. Nella chiesa completamente oscurata da pesanti panni scuri apposti alle finestre, il celebrante recitava in latino le sette parole (brevi frasi) che la tradizione cristiana ricorda come le ultime pronunciate da Gesù sulla croce. Dopo l’enunciazione di ogni parola, il celebrante ne proponeva un commento al quale seguiva un intervento musicale in funzione meditativa. Haydn, nel suo epistolario, rileva come la commissione fosse particolarmente difficile da soddisfare, per via degli stretti limiti formali. Haydn aggiunse un’introduzione e un finale, il “Terremoto”, dal tempo molto più animato, in contrasto con i movimenti precedenti. Scrive Haydn al suo editore di Londra, Forster, l’8 aprile 1787: «Ogni sonata, o ogni testo, è espresso dai soli mezzi della musica strumentale in maniera tale che solleciterà necessariamente l’impressione più profonda anche nell’animo dell’ascoltatore più distratto».
Il concerto si chiude infine con Nicola Antonio Giacinto Porpora (1686 –1768). Di Porpora avremo “Torbido intorno al core” da “Meride e Selinunte” per mezzosoprano, archi e basso continuo. Porpora è stato un compositore e maestro di canto italiano. Fu uno dei più celebri compositori della sua epoca soprattutto per quanto riguarda l’ambito operistico. Il pezzo è noto per l’eleganza formale e la ricchezza delle parti vocali; queste in particolare rivelano il «privilegio dato al virtuosismo» e la «sapientissima disposizione espressiva degli elementi del repertorio vocale: trilli, gorgheggi, cromatismi a piccoli valori, varie combinazioni delle fioriture scritte producono un’efficace effusione lirica.» Porpora era istruito nelle lettere latine e italiane, coltivava con successo la poesia e parlava con facilità francese, tedesco e inglese. Si è imposto come una delle firme più avanzate e geniali della nuova generazione “napoletana”.
Info: www.solistiveneti.it