ROVIGO – Questo 2019 si sta dimostrando l’anno peggiore per il flagello chiamato ‘cimice asiatica’ in quanto l’insetto, figlio della globalizzazione, sta devastando le nostre colture. Coldiretti Rovigo ha riunito i soci e gli interessati tramite un convegno che si è tenuto lo scorso martedì 16 luglio per un ampio confronto sul tema della cimice asiatica visto dal punto di vista scientifico e della ricerca.
Hanno relazionato l’agronomo Luca Casoli, direttore del Consorzio fitosanitario provinciale di Modena e Reggio Emilia, intervenuto sull’argomento “Cimice asiatica: esperienza e gestione territoriale in provincia di Modena e Reggio Emilia”. A seguire c’è stato il contributo di Alberto Pozzebon, docente del Dipartimento di agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente dell’Università di Padova che ha portato la “Sintesi dei risultati delle ricerche su cimice asiatica in Veneto”.
«È un problema che non tocca solo la frutta, ma anche i seminativi, tutte produzioni eccellenti del nostro territorio – ha spiegato il direttore Silvio Parizzi – Stiamo seguendo i lavori della Regione Veneto che tramite l’Università di Padova sta verificando, per ora a livello di laboratorio, l’efficacia dell’introduzione di alcuni insetti antagonisti. Oggi abbiamo ancora strada da fare per risolvere il problema, ma per questa serata abbiamo ottenuto la disponibilità di due esperti che stanno lavorando, uno sul fronte emiliano, l’altro su quello veneto, per illustrarci il percorso della scienza».
Dopo una cronistoria dall’arrivo dell’insetto in Italia, Casoli ha spiegato come le condizioni ambientali influiscano sulla vita e la proliferazione di questa cimice. «Le popolazioni sono attive come mai si era visto – ha riferito Casoli – il fenomeno può avere una fluttuazione, ma l’insetto ha grande capacità di recuperare. È stato studiato il timing biologico della specie per fare delle prove di intervento; alcune strade sono state abbandonate, come le vibrazioni; per gli insetticidi non si verifica una persistenza, per cui si deve intervenire direttamente sui singoli, ma gli adulti sono molto resistenti, mentre la mortalità giovanile è più elevata. Con le prove con i repellenti, abbinate e combinate, dimostrano che la specie viene disturbata e a beve consegneremo i dati sull’incidenza. Le reti sono efficaci sugli adulti, possono tamponare, ma ci sono altre dinamiche, soprattutto economiche, che frenano il loro acquisto e utilizzo. Sui parassitoidi ci sono esempi incoraggianti, ma è al vaglio la valutazione dell’impatto; il percorso al Senato sarà, purtroppo, molto lungo».
«L’invasione non è un affare solo italiano – ha proseguito Pozzebon – Da qualche anno stiamo facendo un monitoraggio sulla fenologia, morfologia e l’impatto sulle colture, Abbiamo visto che la specie a volte passa l’inverno e ha una longevità di 1 anno. Il clima influisce sulla specie, abbiamo riscontrato che durante l’inverno, abbastanza rigido del 2017/2018 la mortalità è stata del 75%, scesa al 35% nel 2018/2019. Come diceva Casoli, non ci è consentito l’allevamento e la propagazione di queste specie di parassitoidi perché ritenuti esotici; possiamo mapparlo e abbiamo visto che il Trissolcus mitsukurii è già presente spontaneamente nel centro del Veneto, ma non possiamo distribuirlo nelle altre zone senza la valutazione d’impatto».
Dopo un acceso e costruttivo dibattito, le conclusioni sono state affidate a Carlo Salvan, presidente della Coldiretti Rovigo. «Come associazione di categoria stiamo facendo il possibile per proteggere i nostri associati e i consumatori e ci affidiamo ai risultati e alle risposte degli studi dell’Università patavina. Sosteniamo in tutto e per tutto la ricerca e la sperimentazione. Ma non ci fermiamo a guardare e ad aspettare. Mi vengono i brividi a vedere la passione per il lavoro nei vostri occhi che viene fermata da questo insetto, ma proprio questo ci deve rendere più accaniti. Si tratta di un intero settore in crisi: qui non si ferma solo un agricoltore, ma la manodopera, l’indotto e il sistema che ruota attorno alla produzione. Paghiamo per una debolezza politica, per queste centinaia di punti di accesso delle merci non controllate, che oltre ad aumentare la contraffazione ci portano altri danni come la cimice. Sappiamo che le risposte non sono veloci, ma ci siamo sopra. Auspichiamo un coordinamento a livello nazionale e cercheremo appunto di stimolare il Governo a prestare attenzione a quello che ora è un problema economico, ma che diventerà sociale».