ROVIGO – Una sala gremita ha accolto sabato 2 febbraio “Essere adulti responsabili”, l’incontro organizzato dal Consultorio Familiare Socio-Educativo di Rovigo, che ha visto l’interessante intervento del dott. Alberto Pellai, scrittore, medico e Psicoterapeuta dell’età evolutiva dell’Università degli Studi di Milano.
L’evento formativo – iniziato con i saluti del Sindaco del Comune di Rovigo Valeria Cittadin e dell’Assessore ai Servizi Sociali Nadia Bala – verteva sulla tematica affrontata nell’ultimo libro pubblicato dal relatore, “Allenare alla vita. I dieci principi per diventare genitori autorevoli” (Mondadori), con focus sul ruolo fondamentale dell’adulto e del genitore che, nel mondo moderno, sembra aver smarrito l’autorevolezza affettiva e educativa.
«Per un buon allenamento alla vita servono un buon campo di gioco, buoni compagni di squadra e buoni allenatori. Quindi la domanda è: dove, con chi e da chi facciamo allenare i nostri bambini?».
La genitorialità – afferma Pellai – ha oggi le stesse fragilità dell’adolescenza, le stesse modalità conflittuali di chi ancora adulto non è e non ha la consapevolezza che la sua missione primaria sia la costruzione della felicità dell’essere umano che ha messo al mondo.
Ne consegue che il genitore, da buon allenatore, è tenuto ad accompagnare e sostenere, non a “pilotare” il progetto di vita dei propri figli e la loro autorealizzazione, superando anche quel profondo senso di frustrazione quando si trova in una “zona di fatica”, di ragionevole rischio e talvolta magari in situazioni dolorose, ma necessarie e utili alla crescita.
«La felicità dei nostri figli non si realizza proteggendoli da ostacoli e frustrazioni; occorre piuttosto dare loro strumenti per attraversare (e superare) le tempeste della vita e diventare adulti responsabili e consapevoli di sé. Ma questo richiede genitori “competenti”, ossia “buoni allenatori”».
L’intervento di Pellai è proseguito toccando molti argomenti importanti e ha parlato di come la gratificazione istantanea, la soddisfazione immediata, il “qui e ora”, il “tutto e subito” siano i peggiori nemici della crescita dei ragazzi e aumentino il pericoloso rischio di dare più valore al traguardo che al percorso.
Avere a disposizione supporti elettronici, digitali, informatici, spinge a ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo e a percepire come inutile e superfluo l’apprendimento di ciò che invece risulta essenziale allo sviluppo di alcune funzioni cognitive.
I continui stimoli provenienti “da un mondo che non si spegne mai e che alza sempre l’asticella dell’attrattività, della desiderabilità e della gratificazione istantanea che è in grado di offrire”, rende il cervello dei nostri giovani totalmente incapace ad affrontare qualsiasi forma di insoddisfazione e/o di frustrazione.
L’immersione continua nel mondo virtuale, inoltre, allontana dal principio di realtà e risulta estremamente pericoloso perché diventa impossibile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, con una perdita del senso di distanza dello sguardo, della contraddizione che è propria della realtà.
«Oggi gli influencer rappresentano i nuovi pedagogisti in una società dei consumi che in loro vede dei guru, testimoni e testimonial dei nuovi valori ai quali i giovanissimi dovrebbero ispirare la propria crescita. C’è un mondo parallelo, dunque, che vive dentro gli smartphone sui quali i nostri ragazzi digitano compulsivamente all’interno delle loro stanze. Un mondo di cui noi ignoriamo tutto».
Ma come fare allora? Tra i suggerimenti pratici per riaffermare il ruolo educativo dell’adulto, c’è la rigenerazione delle alleanze, la necessità di “fare squadra” per consentire all’adolescente l’allenamento alla vita, ossia la capacità di trovare un proprio modo per fronteggiare l’imperfezione del sistema.
«Oggi – ripete fermamente lo psicoterapeuta – occorre riportare dentro le città spazi per i bambini e le bambine, il buon “campo di gioco” di cui si parla nel libro. Solo così possono imparare l’empatia, la gestione delle relazioni reali, compreso il conflitto e la successiva riconciliazione, e la condivisione dei beni».
È fondamentale favorire quel necessario bisogno di appartenenza che ci fa passare dall’”Io” al “Noi”, allontanando il rischio di trasformare l’altro in un ingombro, in un disturbo, in un pericoloso intralcio alla costruzione del futuro.
Bisogna riempire il vuoto interiore, specie quello etico e morale, educare la sensibilità tutelando il loro apparato emotivo evitando, ad esempio, l’esposizione al turpiloquio.
Questo incontro – ricorda la Presidente dell’odv Avv. Marily Bux – rientra negli eventi organizzati dall’equipe della formazione del Consultorio Familiare Socio-Educativo.