ROVIGO – “Educare alle emozioni in famiglia, a scuola, nella società” se ne è parlato nel secondo appuntamento del percorso Famiglie On Life, organizzato dall’associazione Famiglie Nuove, Famiglie Aperte all’Accoglienza e dal Consultorio familiare Diocesano. Il pubblico numeroso della Sala Flumina dei Grandi Fiumi di Rovigo ha ascoltato con interesse e partecipazione l’intervento del dottor Mario Iasevoli, psicologo e psicoterapeuta, docente di psicologia dell’Infanzia e dell’età adolescenziale presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano. «Educare alle emozioni – ha detto – è educare alle relazioni, pilastri oggi quanto mai incrostati della nostra società».
Per il dottor Iasevoli l’educazione emotiva non è un processo facile, perché, la società contemporanea pare abbia scelto di porsi quale obiettivo di ogni processo educativo “la competenza”, posponendo ad essa tutto ciò che non è misurabile. Così a competenze certificate non sempre corrispondono livelli di consapevolezza e di gestione delle emozioni.
Mario Iasevoli ha spiegato che l’educazione emotiva comincia nel momento in cui il bambino nasce. «È nell’abbraccio della mamma che egli comincia a sentire, a fare esperienza di sé proprio attraverso lo sguardo d’amore dell’altro. E in questo scambio comincia a definirsi la relazione».
Ha spiegato, inoltre, come ogni emozione sia sempre un’esperienza da contattare. «Non proviamo tristezza semplicemente perché è così – ha detto Iasevoli – ma perché dietro a quell’emozione c’è un ricordo di un’esperienza anche lontana che ha lasciato il segno». Prendere coscienza di questo aiuta i genitori o gli educatori a comprendere che non ha alcun senso esorcizzare quella tristezza, o quella rabbia, magari con distrazioni o sdrammatizzazioni. Più utile è invece rimanere in ascolto con un atteggiamento accogliente che possa aiutare il ragazzo a contattare l’esperienza lontana causa dell’emozione. Non c’è un modello valido universalmente per farlo, ma c’è un atteggiamento che più di altri permette di farsi ponte tra me e l’altro da me ed in quanto tale farsi strumento educante: è l’empatia.
«L’empatia – ha aggiunto ancora – è l’atteggiamento di chi riesce a mettersi nei panni dell’altro, a fare spazio, a sospendere il giudizio e accogliere, per sentire ciò che sente l’altro, quindi condividerlo».
In un mondo sempre di corsa e in cui il confronto e la competizione sono una costante scegliere l’approccio empatico e non simpatetico è un modo per adoperare quel cambio di paradigma capace di scrostare i pilastri fondamentali del nostro essere Comunità, ovvero le relazioni, partendo proprio dalle emozioni.
Il terzo e ultimo appuntamento con Famiglie On Life è fissato per venerdì 24 marzo prossimo, alle 21, sempre nella sala Flumina del Monastero degli Olivetani di Rovigo.