ROVIGO – «Spero lo spettatore entri dentro questo mondo un po’ onirico, un po’ sognatore, un po’ irreale, che è il sogno di don Chisciotte, condiviso poi da Sancho Panza». Questo il desiderio di Alessio Boni, intervistato prima dello spettacolo Don Chisciotte, andato in scena ieri sera al Teatro Sociale di Rovigo, nell’ambito della Stagione di Prosa.
Desiderio, che a giudicare dagli applausi finali e dalla soddisfazione del numerosissimo pubblico presente, è stato sicuramente esaudito.
«Dopo la Bibbia e il Corano – ha detto Boni – il terzo libro più tradotto e venduto al mondo, è proprio Don Chisciotte. È stato difficile fare la drammaturgia e farne una riduzione che potesse contenere ironia, incantesimo, illusione e poeticità. Crediamo e speriamo di esserci riusciti. Soprattutto il messaggio è che dopo i 50 anni (nel 1600 erano gli attuali 70), uno si investe di un’armatura per sete di giustizia, per liberare gli oppressi e difendere i bisognosi, facendo di tutto per mettere in sesto una società che, secondo il protagonista, era scardinata. Una storia sempre attuale».
Proposto da Nuovo Teatro nell’adattamento di Francesco Niccolini, lo spettacolo ha visto in scena anche Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari ed Elena Nico. La regia, a sei mani, era di Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer. Le scene erano di Massimo Troncanetti, i costumi di Francesco Esposito, le luci di Davide Scognamiglio e le musiche di Francesco Forni.
Bravissimi tutti i protagonisti e un insolito Sancho Panza, interpretato perfettamente da Serra Ylmaz.