ROVIGO – È da quattro anni la serata più attesa del festival “Jazz Nights at Casalini’s Garden”, il premio Marco Tamburini, giunto con questa alla sua quarta edizione. Quest’anno il concorso era riservato ai gruppi (nel 2018 a concorrere erano stati i solisti), e solo cinque le formazioni ad avere avuto accesso alla serata finale di mercoledì 10 luglio, che i selezionatori Stefano Onorari e Stefano Paolini, docenti responsabili del Dipartimento Jazz del Conservatorio, avevano scelto fra le numerose proposte arrivate da ogni angolo d’Italia.
Tema, come sempre, l’esecuzione di due brani composti da Marco Tamburini ma riarrangiati in modo originale. La serata è stata suddivisa in tre parti: tre gruppi concorrenti nella prima (!Heck! – Offset Quartet – Migranting Thoughts) un gustoso intermezzo che ha avuto per protagonista il sassofonista italo-argentino Javier Girotto, e gli altri due gruppi finalisti a chiudere (Smogz – Michelangelo Scandroglio Group).
La giuria, presieduta dallo stesso Javier Girotto, e completata dal direttore del Conservatorio Giuseppe Fagnocchi e tre docenti dello stesso, Fabrio Petretti, Marcello Tonolo e Claudio Donà, si è quindi ritirata per scegliere il gruppo vincitore del Premio di 2.000 euro offerto da RovigoBanca, organizzatrice del festival insieme al Conservatorio “F. Venezze”.
Nell’attesa del verdetto, il pubblico è stato intrattenuto da un eccellente trio formato dal sassofonista Leonardo Rosselli, già studente del Venezze, e due giovani studenti del Dipartimento Jazz rodigino, Filippo Cassanelli, contrabbasso, e Agata Garbin, batteria, che hanno dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, l’elevato livello della didattica jazz espressa dal conservatorio rodigino. A proposito di Agata Garbin va ricordato che, presente a maggio sul palco del Teatro Sociale con la Venezze Big Band assieme a Paolo Fresu per il concerto finale di “Contaminazioni”, notata dal trombettista sardo, la giovane batterista è stata invitata a L’Aquila per partecipare a fine agosto all’evento “Il Jazz italiano per le terre del sisma 2019”, dove sarà premiata da Fresu come giovane promessa del jazz.
Va detto subito che mai come quest’anno il livello dei gruppi partecipanti è stato così alto, e la qualità di tutte e cinque le esecuzioni non ha di certo facilitato il compito della giuria. Alla fine l’ha spuntata, forse a sorpresa, il raffinato “Migrating Thoughts”, duo formato dal ventunenne trombettista toscano Jacopo Fagioli e dal pianista, diplomatosi al Conservatorio di Pesaro, Nico Tangherlini, classe 1995, che ha colpito per il controllo della sonorità, il relax ritmico, la preparazione strumentale e la profonda sensibilità profuse nelle interpretazioni dei brani Isole e Chromatic Step, fra i più complessi e meno frequentati del repertorio di Marco Tamburini.
I due giovani musicisti, sicure promesse del giovane jazz italiano, si sono conosciuti ai corsi di Siena Jazz. Ma oltre a tessere le lodi dei vincitori, meritano di venire ricordati almeno, per l’originalità degli arrangiamenti, il quintetto “!Heck!”, che ha aperto la serata, per la fluidità dell’esecuzione (da segnalare la giovane batterista Evita Polidoro) e l’Offset Quartet, ovvero Manuel Caliumi, Luca Zennaro, David Paulis e Federico Negri, per l’originalità degli arrangiamenti proposti. Il premio è stato consegnato quest’anno ai musicisti vincitori dalla più giovane figlia di Marco, Camilla Tamburini.
La serata è stata però segnata in modo profondo dall’esibizione di Javier Girotto, migrante che ha fatto il cammino contrario a quello di molti nostri nonni, trasferendosi nel 1991 dall’Argentina, dov’è nato nel 1965, in Italia, dove tuttora risiede. Diventato celebre come leader di Aires Tango, quartetto nato nel 1994 e che festeggia quindi quest’anno il venticinquennale, è da tempo fra i più apprezzati e richiesti solisti del panorama jazzistico italiano. Da ricordare soprattutto i sui incontri con il bandoneon di Daniele Di Bonaventura e la fisarmonica di Luciano Biondini, con cui ci ha regalato indimenticabili concerti e preziose incisioni.
Girotto ha lasciato a casa il baritono ed ha utilizzato al Casalini, il più agile sax soprano, regalandoci, come già ricordato in apertura, in mezzo alle esibizioni dei gruppi finalisti, uno splendido fuori programma magistralmente accompagnato da Stefano Onorati, pianoforte, Stefano Senni, contrabbasso, e Stefani Paolini, batteria, tutti docenti del conservatorio rodigino. In pur soli quattro brani, tutti di sua composizione, il sassofonista argentino è riuscito a creare un climax di straordinaria intensità, mescolando mirabilmente il suo jazz d’impronta modale ai ritmi e alle atmosfere della sua terra d’origine.
Il momento più emozionante è arrivato forse a poco più di metà dell’esecuzione, quando dal ritmo contagioso e danzante di Aramboty (parola che nella lingua di alcune tribù dell’Argentina settentrionale, al confine fra Bolivia e Paraguay, significa proprio “festa”) si è passati al clima più intimo, crepuscolare e suggestivo, di Markari, dolcissima ballad. Il breve ma coinvolgente concerto di Girotto, che si era aperto con El Mastropiero, si è quindi chiuso con l’entusiasmante crescendo di Matias, dove l’incedere ritmico del tango ha assunto i toni più accesi e colorati del calipso.
L’attesa è ora tutta per giovedì 18 luglio con la serata conclusiva del festival che avrà per protagonisti l’Emanuele Cisi & Alkaline Jazz Trio e, soprattutto, la leggendaria Bobby Previte’s Classic Bump Band.