ROVIGO – L’Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa, a parlare sono le circa 86mila aziende agricole biologiche, ma anche la decisione di non coltivare Ogm che si aggiunge alle 5547 specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 325 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg. Nell’ultimo report di Legambiente “Stop pesticidi nel piatto 2023” emerge il primato dell’agricoltura nazionale nella sicurezza con il numero di campioni irregolari che scende ad appena l’1,62%.
«La scelta di praticare l’agricoltura biologica e biodinamica è in espansione sul territorio regionale – spiega Carlo Salvan presidente di Coldiretti Veneto – quasi 50 mila ettari sono dedicati alle coltivazioni bio, con una crescita in doppia cifra dal 2015 e che nell’ultimo anno segna il secondo aumento più elevato (+25%) dopo la provincia autonoma di Trento (+31%). I dati confermano un impegno verso l’ambiente testimoniato quotidianamente anche dalle aziende agricole che adottano sempre più sistemi ecosostenibili di produzione – continua Salvan – soprattutto le nuove generazioni che si insediano con la prospettiva di innovare indirizzi tradizionali consapevoli della responsabilità sociale nella produzione di cibo sano diversamente da quanto confermato dai dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa secondo il quali gli alimenti stranieri sono oltre dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy per quanto riguarda il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge».
Otto prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (86%) sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf), Sul totale dei 317 allarmi rilevati nel 2022 106 scaturivano da importazioni da altri Stati dell’Unione Europea (33%) e 167 da Paesi extracomunitari (53%) e solo 44 (14%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale.
«Occorre proseguire con decisione sulla strada della sicurezza alimentare – conclude Salvan – e fare in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri di salubrità: è un diritto per i consumatori e rispetto per il lavoro dei produttori agricoli italiani che soprattutto nella coltivazione biologica, non sempre vedono l’adeguata remunerazione a fronte di un impegno decisamente maggiore sia in campagna che a livello burocratico».