MILANO – Negli ultimi tempi parla tanto di disoccupazione e povertà in Italia, relativamente al reddito di cittadinanza, ma nessuno dice, o sa, che ci sono tanti posti di lavoro vacanti perché nessuno vuole occuparli.
A cominciare dal digitale visto che le aziende italiane hanno un grandissimo bisogno di profili digital, in grado dunque di sfruttare al meglio le nuove tecnologie e le nuove possibilità, a partire per esempio dai Big Data, Data scientist, Data architect, Sviluppatori software, Chief digital officer, Ingegneri informatici. Insomma, tutte figure che, almeno per ora, il nostro Paese sembra non essere in grado di offrire abbastanza.
Proprio per questo motivo, le aziende si affidano sempre di più ai servizi delle agenzie di selezione di personale, come ad esempio la società milanese di head hunting Adami & Associati, specializzate nella ricerca di figure poco presenti sul mercato.
Come sottolinea la CEO e founder Carola Adami, infatti, «esiste un concreto e non trascurabile gap tra la domanda e l’offerta di lavoro, soprattutto per quanto riguarda le professioni tecnologiche». Questo significa che il fabbisogno delle aziende di determinate figure – come per esempio quello dei laureati in Information and Communications Technology – supera molto spesso l’effettiva disponibilità di tali figure.
Sarebbe però sbagliato pensare che le aziende italiane facciano fatica a individuare i soli laureati.
«Si parla spesso della difficoltà delle imprese nell’assumere profili altamente qualificati, soprattutto per quanto riguarda le nuove professioni digitali». Ciononostante, spiega Adami, «va evidenziato il fatto che le aziende arrancano talvolta anche nell’individuare delle figure più tradizionali, che spesso tra i requisiti minimi non contemplano un titolo di laurea. Parliamo infatti di ruoli come il perito tecnico e l’elettrotecnico, o ancora, il falegname, il cablatore, l’idraulico, il manutentore, l’elettricista, l’estetista, il camionista e il panettiere».
Proprio così: nonostante la recente crisi economica dal quale il Paese sta lentamente uscendo, permangono molti lavori che poche persone sono disposte a fare. Molto spesso, si tratta di ruoli che non richiedono particolari titoli accademici, e che garantiscono retribuzioni più che dignitose. Per molte professioni artigiane e per alcune professioni tecniche, infatti, le retribuzioni annue toccano i 40mila euro.
Per quale motivo, dunque, gli italiani non sono disposti ad accettare questi lavori, e dunque a rispondere alle richieste delle aziende in cerca di manodopera?
«Nella maggior parte dei casi le aziende hanno delle forti difficoltà nell’assumere tecnici, artigiani o lavoratori operativi perché, per molti giovani, il lavoro manuale corrisponde a un’occupazione umile, dal valore medio basso, e che in ogni caso richiede sforzi e sacrifici eccessivi. Per questo motivo, tali proposte di lavoro non vengono prese in considerazione, rimangono inascoltate, rallentando pesantemente i processi di recruiting delle aziende». Da qui, dunque, la necessità di affidarsi ai servizi delle agenzie di ricerca personale anche per la selezione di figure non altamente qualificate, per le quali, fino a qualche tempo fa, alcune imprese potevano pensare di agire in autonomia.
«Sbaglia chi pensa che, con la rivoluzione digitale, le professioni artigiane siano destinate a scomparire. É vero il contrario: il bisogno di artigiani professionisti da parte delle imprese continuerà a essere impellente.
Tutt’al più questi stessi profili saranno chiamati a rinnovarsi e ad acquisire nuove skills, trasformandosi pian piano nei cosiddetti artigiani 4.0» conclude l’head hunter Adami.