ROVIGO – L’ultimo appuntamento con “Jazz Nights at Casalini’s Garden 2019”, rassegna promossa per il sesto anno consecutivo da RovigoBanca e dal Conservatorio “Francesco Venezze”, ha proposto giovedì 18 luglio ancora un doppio concerto. Il pubblico della serata, come sempre partecipe e numeroso, ha così avuto modo di ascoltare due gruppi che sono oggi fra le migliori espressioni del jazz italiano e statunitense, di apprezzare il talento di tutti i loro componenti e di toccare con mano, se ancora ce ne fosse bisogno, l’elevato livello artistico ormai raggiunto dal nostro jazz, che rappresenta da qualche anno una delle scuole nazionali, dopo quella americana ed insieme forse solo a quella norvegese, più ricche di talenti e più apprezzate nel mondo.
Il torinese Emanuele Cisi, da un ventennio fra i più originali e virtuosi sassofonisti del nostro jazz, si è presentato accompagnato dagli annunciati Alessandro Di Puccio, vibrafono, e Alessandro Fabbri, batteria, mentre ha dovuto dare forfait l’organista Matteo Addabbo, egregiamente sostituito da Stefano Onorati, pianoforte, e Marco Siniscalco, basso elettrico, entrambi docenti del conservatorio rodigino. La sostituzione non solo non ha minimamente danneggiato il concerto, ma forse ha addirittura ampliato la gamma espressiva del gruppo, che è sembrato muoversi con dimestichezza sui nitidi sentieri tracciati dal sax tenore del leader, forte di una sonorità profonda e di un fraseggio fluido e leggibile, che paga il doveroso tributo ai maestri di questo strumento senza per questo rinunciare a mettere in mostra un’originale ed ormai matura personalità.
Sollevato dall’impegno di tessere le trame armoniche dei brani, grazie alla presenza del piano di Onorati, il vibrafono di Di Puccio è parso articolare ancor più liberamente e con maggiore creatività le improvvisazioni, e le sue linee melodiche si sono intrecciate alla perfezione con quelle di Cisi, che dopo aver omaggiato Marco Tamburini con un’emozionante versione di uno dei suoi brani più celebri, Giochi di Luci, ha chiuso il breve ma intenso set con la sua Prezeology, doveroso tributo al sassofonista che forse più di tutti l’ha influenzato, Lester Young.
Alla ricostituita quanto attesa “Bump Band” del batterista Bobby Previte, quintetto che a vent’anni dalla sua fondazione è tornato insieme non per promuovere un disco, ma per il piacere di suonare con lo stesso entusiasmo di un tempo. Ribattezzato Classic Bump Band, quasi a sottolinearne la storicità, il gruppo ha presentato un’unica sostituzione, peraltro eccellente, rispetto a quello originario, con l’inserimento di Jerome Harris per Steve Swallow al basso elettrico.
C’era molto attesa per vedere all’opera questa blasonata formazione nel terzo ed ultimo concerto italiano del tour, dopo quelli di Bolzano ed Empoli, anche perché il suo leader, classe 1951, oltre che uno straordinario batterista è un raffinato arrangiatore e compositore. Repentini cambi di atmosfera ed improvvise variazioni ritmiche non sembravano costituire alcun problema per musicisti ferrati ed esperti come Marty Ehrlich, sax contralto, Ray Anderson, trombone, Wayne Horvitz, pianoforte, ed il già citato Harris, basso elettrico.
Non è un jazz che strizza l’occhio al pubblico quello di Previte, ma la passione e l’attenta cura riposte in ogni momento dell’esecuzione, intensa ed equilibrata allo stesso tempo, hanno contribuito a vincerne le riserve ed a coinvolgerlo nel processo creativo di ciascun brano. Quando l’avanguardia parla al cuore, oltre che alla mente, è difficile non riconoscerne la sincerità e la poesia.
Sono musicisti davvero superlativi quelli che l’hanno accompagnato, mai sopra le righe, né indulgenti nel mettere in mostra il loro non comune virtuosismo strumentale, ad esclusione di alcuni articolati passaggi della batteria, comunque sempre estremamente melodica, del leader, e di un prodigioso lungo assolo di Ray Anderson, maestro nell’uso della respirazione circolare, grazie a cui riesce a doppiare le note del suo trombone sino a formare dei veri e propri accordi.
In un repertorio dominato dalle composizioni di Previte – da Counterclock Wise a Rollover, da Pan Atlantic a Volatility – c’è stato spazio anche per brani composti da Horvitz, Ehrlich ed Anderson. Il concerto si è chiuso nel migliore dei modi, poco prima di mezzanotte, con un tema scandito all’unisono dai due fiati sopra le complesse ma suggestive trame ritmiche di una musica che il pubblico ha dimostrato di apprezzare, tributando al quintetto prolungati e calorosi applausi, tutti pienamente meritati.