ROVIGO – Per effetto della grave siccità che sta colpendo la nostra zona e tutto il Nord Italia è a rischio 1/3 del Made in Italy a tavola che si produce in quella che viene definita la food valley della Pianura Padana. Proprio qui si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale. Coldiretti da anni ormai insiste su questo tema in tutti i tavoli istituzionali e attraverso i mass media. È notizia di questi giorni che l’1 marzo si terrà un incontro interministeriale presieduto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni dopo l’allarme lanciato dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto sulla possibilità di razionamenti dell’acqua in alcune zone, ipotizzando anche la figura di un super commissario per la gestione dell’acqua su tutto il bacino Padano.
Questo perché il Po è sotto il livello idrometrico, i grandi laghi sono in magra, le precipitazioni sono state quasi assenti e c’è uno stoccaggio basso di neve: la somma di questi fattori sta mettendo in allarme l’intero settore agricolo. «Legato alla questione patrimonio idrico c’è il patrimonio di alimenti Made in Italy, e la nostra sicurezza alimentare che è a rischio – commenta il presidente Carlo Salvan di Coldiretti Rovigo – L’acqua è un elemento indispensabile per produrre grano duro per la pasta, per la salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al mais per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano e i salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma. Le previsioni di semina del riso, anche nel nostro Delta del Po, non sono rosee con un taglio netto degli ettari interessati. Questi sono i primi effetti della scarsità di acqua, un incubo vissuto nel 2022 che si è addirittura ingigantito nel 2023 con un deficit idrico del 40% rispetto alla media storica delle precipitazioni secondo l’analisi Coldiretti su dati Isac».
E Salvan prosegue affermando che gli agricoltori hanno già investito molto per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’adattamento climatico con colture meno idro-esigenti, ma questo non è sufficiente. «Occorre subito mettere in campo tutte le soluzioni strutturali i cui progetti sono già pronti – conclude Salvan – grazie anche ai nostri Consorzi di bonifica, messi purtroppo sotto pressione dai costi energetici: invasi, bacini, barriere anti-sale, piccole e medie opere che consentono di trattenere più acqua possibile. Non possiamo più permetterci di trattenere solo l’11% dell’acqua piovana, il nostro obiettivo è almeno il 50%. Per questo serve che le istituzioni si coordino e finanzino velocemente queste opere, fondamentali per l’agricoltura e per tutta la società. Serve quindi lo sforzo di tutti e l’essere pronti ad assumersi responsabilità importanti, non c’è tempo da perdere».