ROVIGO – Tempi duri per chi si sposta in bicicletta. In questo periodo complesso è emersa tutta la contraddittorietà del rapporto con la bici nel nostro Paese e, di riflesso, nella nostra città. La bici viene considerata esclusivamente come un veicolo per l’attività sportiva e il tempo libero. Per fortuna, nei fatti, la verità è ben altra: la bici è un veicolo ovvero un mezzo di trasporto, che per di più ci fa stare bene. È un veicolo talmente eccezionale che ci aiuta a contrastare e migliorare ipertensione, diabete, problemi cardiaci, problemi respiratori cioè proprio quelle patologie, indicate dal Ministero della Sanità, che più ci espongono a rischi letali se dovessimo contrarre il nuovo Coronavirus.
Milioni di studi autorevoli dimostrano come un’attività fisica quotidiana e moderata (come usare la bici per andare al lavoro o a fare la spesa) sia la miglior prevenzione per non sviluppare tali patologie che si aggravano con la sedentarietà, oggi di Stato (segnaliamo che, al 2017, in Veneto il 43% dei suoi residenti adulti è in sovrappeso e il 22,5% dei minori).
Nella nostra piccola città abbiamo scelto di chiudere gran parte dei percorsi ciclabili che sono fondamentali per chi, anche in questo periodo in cui cerchiamo di limitare gli spostamenti allo stretto indispensabile, usa la bici per recarsi al lavoro o a fare la spesa (ad esempio la ciclabile Marabin e la ciclabile per Sarzano). In alternativa alle ciclabili – si potrebbe obiettare – ci sono sempre le strade apparentemente sgombre e che invece, proprio per questo, sono più pericolose. Sulla strade senza traffico chi guida l’auto tende ad avere “il piede pesante” e, come noto, questo aumenta il rischio di mortalità in caso di collisione (infatti lo scorso lunedì 6 aprile c’è stato un incidente per eccesso di velocità con ribaltamento nella rotatoria tra via Benvenuto Tisi e viale Gramsci).
Alcune città del mondo (guardiamo in largo visto che ormai siamo tutti sulla stessa barca) stanno andando nella direzione opposta alla nostra. Metropoli come New York, Berlino, Calgary e perfino l’insospettabile Bogotà realizzano ciclabili temporanee invitando i cittadini ad usare la bici per gli spostamenti necessari. Addirittura Denver, in Colorado, ha chiuso strade alle auto per permettere ai cittadini di muoversi in sicurezza nelle attività all’aperto.
Analoghe sperimentazioni e sollecitazioni si potrebbero tentare nella nostra cittadina, cogliendo l’opportunità di questa drammatica situazione per tragitti più sicuri e respirabili, anche semplicemente in un’ottica “educativa” di mobilità sostenibile. In questo senso FIAB ha suggerito molti spunti e, in questo momento, le strade libere dal traffico appaiono come un imperdibile laboratorio per la viabilità cittadina.
Inoltre, secondo le proiezioni, sembrerebbe che, una volta terminato il periodo di emergenza e le misure per contenere la diffusione del Covid-19, dovremo verosimilmente imparare a convivere con la paura di essere di nuovo contagiati. La bicicletta, in questo, può essere molto importante, perché permette di rimanere da soli – ovvero di mantenere il necessario distanziamento durante lo spostamento – e si presenta come una valida alternativa ai mezzi pubblici che, per il fatto che non è garantita il rispetto della distanza di sicurezza, incuterà a molte persone la paura, reale, di utilizzarli. Analoga riflessione si potrebbe fare rispetto agli spazi pedonali (marciapiedi).
Per le ragioni sopra elencate qualcuno sarà tentato di prendere subito la bici; ci sembra, in fondo, che la riflessione abbia una logica condivisibile. Ebbene, scesi in garage, ci si accorgerà che la bici, ferma da chissà quanto, avrà la gomma a terra e i freni arrugginiti. Purtroppo in quelle condizioni non sarà possibile usarla e nemmeno ripararla: le ciclofficine sono chiuse, non sono considerate essenziali (FIAB a livello nazionale ha già fatto le proprie osservazioni al Governo). Il tabacco è invece sempre disponibile.