ROVIGO – Allo Studio Arte Mosè si rinnova puntualmente prima delle festività la Collettiva di Natale. Momento di incontro con gli Artisti che hanno esposto durante l’anno e nel passato.
La collettiva è altresì anticipazione e presentazione di alcuni pittori.
La locandina, firmata dall’eclettico artista vicentino Vico Calabrò, in sintonia con il clima interiormente gioioso delle feste, raffigura la Natività e l’adorazione dei pastori. Sedici grandi maestri per una straordinaria rassegna fino alla metà di gennaio prossimo.
Anna Sandra Belloni, biologa, rodigina di nascita trasferitasi a Padova, ha avuto da sempre la spiccata predisposizione per la pittura ed in questi anni ne ha maturato l’interesse e l’applicazione; l’opera, materica negli impasti di sabbia e colle, raffigura una poetica porzione di casa contadina, d’altri tempi, col camino, porta sgangherata, gli utensili arrugginiti e i muri scrostati, ma in primo piano, rigoglioso, il verde della natura si rigenera.
Antonio Biancalani, toscano, vincitore qualche anno fa del primo premio arte Mondatori, presenta una natura morta esaltata dai raggi radenti del sole e un tenero iris in primo piano, realizzato con pochi ma accorti tocchi di pennello.
Vico Calabrò, agordino residente a Vicenza, eccezionale grafico nelle acqueforti e litografie, unico nell’affresco, con l’opera in collettiva riafferma la passione per la musica e per le tradizioni della terra veneta che ritrae attraverso spassose leggende e fantasiose composizioni.
Piero Costa, milanese, nel 1954 emigra in molti Paesi dell’America Latina per rientrare nel 1970 nella città natale, dove attualmente vive e lavora. A Caracas perfeziona e predilige l’arte surrealista e nelle personali a Curacao, Città del Messico, Lima riscuote notevole successo. La fase espositiva si estenderà negli USA e in Italia dagli anni Ottanta ad oggi. I grandi maestri lo hanno incantato a tal punto da indurlo ad impossessarsi delle loro creazioni. Lo scopo non è solamente copiare, né di confrontarsi nelle abilità, ma di rendere personale la fruizione attraverso l’inclusione di particolari critici, umoristici, satirici, come le scarpe da tennis sull’opera di un maestro del realismo spagnolo.
Maurizio Camatta, artista trevigiano, con un paesaggio essenziale: la casa, la luna esalta tutto il fascino della notte.
Antonio Dinelli, livornese, sfoggia una natura morta, eseguita con la maestria dei macchiaioli, pur ricordando nell’assemblaggio degli ortaggi il cesto caravaggesco.
Osvaldo Forno è presente nella collettiva con la serigrafia di grande impatto cromatico, tridimensionale nell’effetto visivo. L’artista rodigino con l’opera esalta il dinamismo dalle cromie e dà continuità alle arti ricerca e concettuali delle generazioni post sessantottine con lo spazialismo, l’optical art, l’arte cinetica e costruttivista.
Marco Manzella mostra un fermo immagine sulla tuffatrice, tema caro all’artista milanese; Manzella è un cacciatore di sensazioni quotidiane; capace di assemblare le reminiscenze accademiche della luce di Reni con la sintesi del soggetto raffigurato.
Luigi Marcon, caro al pubblico rodigino sin dagli anni Ottanta, ha realizzato quattro scorci di Rovigo. Famoso in Europa per aver raffigurato il paesaggio urbano di Landshut, nell’ottocentesimo anno dalla fondazione, ha ricevuto la cittadinanza onoraria; ha avuto l’onore di realizzare un francobollo per la posta tedesca. E’ nella rassegna natalizia con una straordinaria acquaforte-acquatinta: un paesaggio dal quale fa emergere l’animo delle cose nella combinazione del chiaro-scuro. L’Artista di Vittorio Veneto estrae dal groviglio dei particolari gli elementi essenziali per approdare nell’incisione ad un lirismo incomparabile.
Claudio Monnini con quadri di grande efficacia visiva è artista a trecentosessanta gradi nonché architetto e scenografo. Monnini usa i primi piani per fissare le donne, di spalle, protese nell’avanzare su spiagge primigenie; rene lambite da acque viscose, colpite da barbagli di luce, colonne di fumo da vulcani di evi scomparsi. La scena si presenta come una sorta di cartolina delle origini del mondo con una “Eva” destinata a calcare la scena dell’umanità.
Eugenia Nalio, rodigina, con innata passione per l’arte ha sperimentato la ceramica, l’acquarello, il gessetto, l’olio e l’acrilico. Ha il desiderio di bloccare la luce dei diversi ambienti, soprattutto quell’armonia dei colori che si presenta nelle diverse ore del giorno. Eugenia confessa di ottimizzare il paesaggio nel meriggio quando maggiore è l’esplosione di luce. In mostra il lago di confine è un lavoro en plain air alla stregua dei pittori impressionisti.
Impero Nigiani, nato a Incisa Valdarno, vanta un’intensa attività artistica ricca di personali e collettive. Nel 1996 Giorgio Di Genova lo inserisce “Nella storia dell’Arte italiana del 900”. Nel terzo millennio illustra versi di Ovidio e di Dante. Quella di Nigiani è un’arte erudita, fuori dai canoni e dalle strutture delle correnti. Nella rassegna presenta una giovane lettrice, inserita in un desueto giardino, piantumato di secolari alberi nell’atmosfera decadente di un secolo fa.
Vilfrido Paggiaro, architetto trevigiano, naviga al di fuori di ogni corrente e con una singolare tecnica fatta di tenui soffusi toni di velature modella morbide creature con l’armonia delle tavole illustrate. L’isola deserta sulla quale troneggia l’albero della vita è l’opera in collettiva. Tessarolo Graziano, artista bassanese, lascia librare in volo, distorcere, le creature in una fabulazione tra gioco, fantasia e realtà, ma precisa di fare una pittura “riconducibile ad un figurativismo realistico, anche quando la fantasia va oltre l’oggettiva realtà delle cose”.
Mariano Vicentini, fuori dal contesto di qualsivoglia corrente, pur emergendo nella comunicazione continuatore della popular art, aggiunge al tema di fondo un motivo conduttore: le ansie, le paure, le previsioni, le imposizioni. Con un singolare San Giorgio dichiara ancora una volta l’anticonformismo pur esibendo l’erudita citazione.
Paolo Zambonin, scrittore, giornalista e “pittore” come ama autodefinirsi, da sempre presente nelle più prestigiose rassegne manifesta una singolare sensibilità nell’opera in mostra: sulla piazza rodigina del municipio campeggia una natura morta. Le pennellate di getto, il cromatismo personalissimo uniti nella proiezione scenica della composizione, fanno dell’opera una poetica citazione di quella che Cibotto definì: Rovigo città di campagna.
La mostra, curata da Vincenzo Baratella, è ad a ingresso libero e sarà visitabile tutti i giorni feriali
dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30 dal 15 dicembre fino al prossimo 15 gennaio a Rovigo in via Fiume 18. Inaugurazione sabato 15 dicembre alle ore 18.